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Pillole d’arte #3: 10 cose da sapere su Francesco De Molfetta

Tratto da: https://www.espoarte.net/

A cura di ALESSANDRA REDAELLI

Il terzo appuntamento con le Pillole d’arte ha per protagonista Francesco De Molfetta, in arte Demo. Il suo lavoro si può ascrivere al Neopop, anche se questa resta una definizione parziale: qui, infatti, alla leggerezza intrinseca del Pop sono sempre sottesi una serie di significati stratificati, concentrici, che rendono la lettura complessa e labirintica e che rivelano, oltre la gioia visiva della materia e dei colori pieni e pastosi, un ineludibile senso di malinconia. Fedele alla bellezza, sostenitore – ancora – di un’arte “fatta a mano”, sostanziata di tecnica e di saper fare, di curiosità e di rispetto per i materiali, Demo trae il suo immaginario ipertrofico dalla storia come dalla cultura pop, dall’arte del passato come dal cinema o dalla politica contemporanea, accostando spudoratamente e con effetti deflagranti Barbie, Padre Pio, Voltaire e i supereroi Marvel. Ironia, calembour e repentini salti logici sono il suo grimaldello per mettere in discussione miti e certezze, smascherando le idiosincrasie della società dei consumi e dell’apparire. Non a caso si definisce “artificiere”, giocando sul senso dell’esplosione ma anche dell’artificio. I ricorrenti hommage a Duchamp, Magritte, Piero Manzoni, ma anche a Leonardo, Michelangelo o Canova, sono il detonatore per una serie di sistematiche decostruzioni di ciò che appare indiscutibile e assodato, “atti d’Amore vandalico nei confronti del conosciuto”, come Demo li definisce. Non per dare delle risposte, ma per porre, ancora e senza tregua, nuove domande che scavino dentro la realtà.

1 – Definisciti con tre aggettivi.
Malinconico, sentimentale, cinico.

2 – Qual è stato il momento in cui hai capito di essere artista?
Quando, giocando da piccolo, pensavo che le forme colorate tra le mie mani non potessero esaurirsi esclusivamente in quel periodo o in quel preciso gioco. Chiedevano di essere rivalutate, di permanere in qualche modo nello scorrere della mia esistenza.

3 – Scultura, installazione, objet-trouvé, rielaborazione… Come scegli i tuoi linguaggi?
Sono loro che scelgono me – in genere mi avvicino alle manifatture della tradizione con l’ambizione di riconoscere l’ingegno manifatturiero tacitato. Applicare un “aggiornamento” alla forma preesistente, collocandomi in un’intercapedine tra il conosciuto e una possibile alterazione.  La scultura, quella orgogliosamente statica e figurale, mi possiede da sempre.

4 – L’opera d’arte che avresti voluto realizzare tu.
Forse Paris, Texas di Wim Wenders.

5 – Qual è il momento più emozionante della tua giornata?
Quando bagno le mie piante.

6 – L’arte è ispirazione o applicazione?
Un incontro (non sempre possibile) tra il labor (l’applicazione del) e la contingenza dell’ispirazione. Non si possono invertire gli addendi.

7 – Chi eri nella tua vita precedente?
Sylvia Plath.

8 – Tre qualità che non possono mancare all’artista del Terzo Millennio.
Botero dice che gli artisti cercano soluzioni, i grandi maestri, invece, nuovi problemi. A mio giudizio l’artista oggi deve essere un autosabotatore, il primo questionante delle proprie idee. Deve avere cultura, almeno relativamente al pregresso storico artistico (cosa che percepiscono in pochissimi); umiltà, soprattutto rispetto ai suoi ottenimenti, che sono sempre, in qualche modo, illusori.

9 – Il sogno che non hai ancora realizzato.
Recitare nel Rocky Horror Picture Show.

10 – La bellezza salverà il mondo?
La bellezza non ha canoni universali, solo soggettivi, è l’antidogma per eccellenza. Non credo che abbia facoltà di salvare il mondo, trovo fin presuntuoso solo il pensare che il mondo possa essere salvato da una parametro umano. La bellezza ci abita e noi la abitiamo tanto quanto lo facciamo con il pianeta. Non vi è altra possibilità se non veicolare la nostra con il desiderio di  condividerla.

www.francescodemolfetta.info