Tratto da: https://www.rockit.it/
Viene dalla musica classica e il suo maestro è Ezio Bosso, ma ha portato il suo talento nel pop e nel rock, dirigendo (anche a Sanremo) l’orchestra per Elodie, Gazzè, Elisa, Mika e tanti altri. Un ruolo in cui di donne ne figurano ben poche, chiamate sempre a dimostrare qualcosa di più.
Tra le infinite vie della musica, Sylvia Catasta ha deciso di percorrere una delle più complesse: quella di direttrice d’orchestra. Una via che di solito è tracciata da confini quasi inalterabili e con un itinerario pressoché fisso. Ma che è possibile deviare, se lo si vuole davvero. Lei ne è la prova vivente.
Qualche anno fa fu proprio l’orchestra di Sanremo a seguire i movimenti delle sue mani nell’esecuzione del pezzo Andromeda, scritto da Mahmood per Elodie (e prodotto da Dardust). Fu sempre lei ad organizzare l’intero organico orchestrale per la realizzazione di Sinfonia pop, l’album dal vivo di Mika, e collaborò con Gazzè nel tour L’uomo sinfonico, insieme a un organico classico.
Sylvia si occupa di musica sin da giovanissima: ha studiato flauto traverso al Conservatorio di Fermo e a soli 22 anni è divenuta una delle musiciste più giovani all’interno dell’Orchestra Internazionale d’Italia. A Milano ha conseguito la specializzazione di ottavino e ha lavorato con istituzioni importanti come la Filarmonica e la Banda del Palcoscenico del Teatro alla Scala.
La solidità della tradizione classica resta per lei imprescindibile, ma il rock e il pop volteggiano sempre nella sua anima. È così che al percorso strumentale si è poi affiancato quello di composizione e orchestrazione.
La sua prima volta a Sanremo ce la racconta così: “Con Elodie ho lavorato grazie a Dardust, che conosco bene. Elodie aveva espresso il desiderio di avere una donna a dirigere l’orchestra dell’Ariston in Andromeda, prodotta da Dario (Dardust, ndr) e scritta da Mahmood. Abbiamo lavorato tutti insieme. Per prima cosa ho ascoltato la canzone, poi ho cominciato a scrivere la partitura. Mi sono occupata di tradurre sul pentagramma ciò che l’artista e la produzione avevano creato come primo abbozzo del pezzo, poi ho aggiunto gli elementi dell’orchestra classica”.
“Solo alla fine”, continua, “con gli strumentisti dell’orchestra, ho verificato che tutto funzionasse e fosse corretto, lineare, coerente”. Dalle sue parole si capisce quanto un direttore d’orchestra debba conoscere approfonditamente sia l’estensione degli strumenti e la partitura, sia il carattere e l’atmosfera espressiva dell’opera da eseguire; che lo studio della gestualità (per nulla banale) duri anni, e che questa professione sia da sempre prerogativa degli uomini.
“A tutti gli effetti esistono poche direttrici d’orchestra oggi, sebbene, in ambito classico, siano cresciute di numero. Non sono passati ancora cento anni dalla prima volta in cui una donna ha diretto un’orchestra classica, e in ambito pop-rock (soprattutto in Italia), ciò è ancora estremamente raro”. Un discorso non molto diverso da ciò che si potrebbe dire per le altre professioniste della musica, di numero sempre esiguo rispetto ai colleghi uomini, e più lontane da posizioni apicali.
Quando ha iniziato, che il suo mestiere si riferisse prevalentemente agli uomini, a Sylvia non interessava troppo. Con l’esperienza ha compreso che una donna che dirige un’orchestra deve dimostrare costantemente la sua preparazione. Così, quando ha di fronte dei musicisti da dirigere, talvolta avverte un certo disagio. È questo il risultato di quel prevenuto sospetto che circonda la donna che ricopre ruoli di leadership, ancora così comune.
Educare alle differenze è il modo per sradicare gli stereotipi di genere (quanto meno) dalle nuove generazioni. Anche nel mondo della musica (nei vari ambiti e ai vari livelli), serve stabilire condizioni eque tra professionisti, senza distinzioni. Il tema del riconoscimento delle carriere musicali delle donne (dall’industria musicale alle direzioni artistiche, dalla promozione musicale ai media) sta molto a cuore a Sylvia, e il suo curriculum parla chiaro.
Nel suo lungo percorso artistico, oltre alla direzione d’orchestra, ha lavorato come assistente musicale e copista per produzioni discografiche e teatrali, e come arrangiatrice. La sua esperienza spazia dalla registrazione in studio fino all’organizzazione e al management di recording session, mentre, in qualità di arrangiatrice pop-rock, ha collaborato con artisti importanti.
“Insieme a Elisa ho lavorato nel Soundtrack tour con un doppio quartetto d’archi, ho deciso la formazione e arrangiato la parte orchestrale. Ho collaborato con Gazzè in due tour: Casi ciclici, in cui ero anche componente della band, e L’uomo sinfonico con l’orchestra “Toscanini” di Parma, in cui ho riarrangiato diversi brani per un organico strettamente classico”, racconta.
E continua: “A livello concettuale non volevo che l’orchestra accompagnasse Max, ma che Max fosse l’ospite. Ho concepito le sue canzoni come se fossero state create appositamente per un’orchestrazione classica, in un’alternanza armoniosa tra pop e musica colta“.
Con Mika, invece, ha suonato con ensemble classico e band, e nel 2015 ha collaborato alla produzione del suo album-dvd Sinfonia pop, per il quale ha organizzato l’intero organico orchestrale. In studio ha affiancato Negramaro, Caselli, Muse, Celentano, Pacifico, Subsonica, Mannoia, Ruggeri, Finardi, Pagani. E pure il suo maestro: Ezio Bosso.
Tutte le collaborazioni di Sylvia confermano le sue indiscusse capacità professionali. Quando si dice: “Ciò che conta nella strada verso la piena affermazione di sé, è il processo e non il risultato”, in riferimento al percorso di Sylvia viene da pensare immediatamente che per lei valgano allo stesso modo sia il percorso che i risultati raggiunti. Questo è certo.
Rivolgendo dei suggerimenti a chi volesse intraprendere il suo percorso dice: “Per prima cosa è necessario tornare a coltivare l’arte dell’ascolto: l’udito è un senso che stiamo perdendo in funzione della visione. Stiamo dimenticando che i suoni e i rumori che ci circondano comunicano costantemente qualcosa di importante. Dobbiamo preservare la cultura del suono e abbandonarci a esso”.
E conclude: “Occorre partire dall’abbecedario della musica, studiare la teoria musicale e le opere di chi ci ha preceduto. Come diceva il mio maestro Ezio: ‘Prima di suonare Bosso, studia Bach’“.