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“Houston, che sfortuna” di Gianni Lucchesi
5 Ottobre 2023 @ 21:00 - 5 Novembre 2023 @ 20:00

Testo critico a cura di Alessandra Redaelli
Da sempre l’indagine di Gianni Lucchesi verte intorno al nostro sentire e al nostro non (voler) sentire, al guardarsi dentro e al guardare fuori. Fin da quando si muoveva nell’ambito di un astratto lirico, emozionante. Poi nella vita dell’artista accade qualcosa. Uno di quegli eventi terribili e illuminanti che ribaltano le prospettive. E all’improvviso il suo linguaggio si fa figurativo.
Le relazioni con gli altri e con l’ambiente sono il paesaggio su cui si muovono le sue figure, piccole ma definite nel dettaglio dell’abito. E l’abito è quello che si indossa per andare a fare un lavoro “serio”, magari dietro una scrivania, immersi dentro una normalità dove l’adeguatezza sfiora i limiti dell’alienazione. Piccoli personaggi che sono uomo in quanto umanità; che ci raccontano i propri conflitti interiori e lo sgomento del fuori. In questa narrazione di un’umanità perduta dentro se stessa, troppo occupata a osservare il mondo con gli occhi bendati per rendersi contro di dove il suo fare la stia portando, non c’è giudizio né lezione morale: piuttosto la fotografia di un disagio, condotta sempre con lo sguardo alla bellezza, dentro spazi caldi, su superfici vivide tagliate dalla luce. Il golfista, solo, si china sulla pallina al centro di uno spazio annichilito, distrutto, inequivocabilmente attraversato da qualcosa di inemendabile, fingendo che intorno a lui ci sia un prato verde: una cecità che ha il sapore della negazione, ancora più lampante quando si guarda come si muove, sulla stessa superficie bruciata, il branco dei cervi. |
Fedele a un’economia del racconto che si accompagna al minimalismo cromatico, Lucchesi ha scelto a lungo un solo animale, il cervo appunto, per fare da contraltare alla figura umana. Maestoso, inafferrabile, intriso di simbologie magiche di rinascita, incarna per l’artista l’istinto puro. Mentre l’uomo si perde nella sua illusione, l’animale forma intorno a sé il branco e cerca una via di fuga.
La lepre di questo nuovo progetto arriva a completare un percorso precisissimo: l’istinto infallibile si tinge di poesia e diventa qui immaginazione creativa. In un balzo – così come accade nella canzone di Lucio Corsi, un cui verso fa da titolo alla mostra – è arrivata sulla Luna. Un gesto rivoluzionario, titanico: l’animale ha capito che il pianeta sta implodendo e allora va via, altrove. Non pensa a come arrivarci, a che cosa si lascia alle spalle, a come si nutrirà e nemmeno a come respirerà. Il suo istinto le ha detto di andare, e lei va. |